giovedì 23 agosto 2007

Fine dell' Aikido Academy e breve introduzione a Yokota Sensei.





Ieri sera è finito il nostro corso dell'Aikido Academy, ed è finito anche l'uso di questa denominazione visto che all'Hombu già annunciano il prossimo corso come Aikido Gakko ( Scuola d'Aikido), chissà che in questa decisione non c'entriamo anch'io, Rossana e Davide : ) ... scherzi a a parte non so come interpretare la decisione di chiamare il corso "Gakko" e non più Academy, ed infatti non lo farò.
Abbiamo fatto i nostri esamini con il M° Kanazawa mentre purtroppo Seki Sensei non c'era, via per uno dei tantissimi stage che sta facendo all'estero, e lunedì ci sarà la consegna del diploma dalle mani del Doshu. Al di là dell'esito dell'esame in posso iniziare a fare un bilancio dell'esperienza che abbiamo fatto in questo corso, bilancio che non ha a che fare però con l'esperienza fatta nelle classi regolari, di quello che ho imparato, o creduto di imparare, al 2° ed al 3° piano; quel bilancio lo farò prima di chiudere il blog e lasciare il Giappone, e manca ancora qualcosa più di un mese.

Come tutti i bilanci che non siano truccati o falsi anche questo ha i suoi attivi e passivi, le sue luci ed ombre. Il primo punto è la didattica, ed a riguardo ciò che mi ha spiegato uno esperto di insegnamento in Giappone poco tempo fa è stato illuminante, testualmente: " In Giappone l'onere della comprensione è tutto a carico dello studente". L'Academy ( beginner) è un corso per principianti sì, ma inteso alla giapponese. La ricerca di una preparazione esaustiva, come pure la voglia di fissare alcuni punti tecnici di base, sognando forse che in Giappone avrei potuto trovare le "basi" ortodosse dell'Aikido, sono andate deluse. Dal punto di vista meramente tecnico sento di saperne meno di quando sono partito. Nel mio primo anno di Aikido nel mio dojo ( che è uno qualsiasi rispetto al mondo ) ho imparato molte più cose, in 5 mesi non ho fatto neanche un ushiro-ukemi ( a proposito qui la fanno pochissimo in ogni caso) un mae-ukemi, di shikko o suwari-waza neanche a parlarne, kotegaeshi è stato introdotto solo l'ultimo mese di pratica: insomma se fossi stato un principiante assoluto avrei avuto non pochi problemi a racappezzarmici. Valga per tutti l'esempio del nostro amico Davide che vivendo a Tokyo è venuto a fare Aikido senza sapere nulla prima di entrare sul tatami del 4° piano il primo giorno di corso: se non ci fossi stato io a passargli tutte le cose che sapevo avrebbe avuto grandissimi problemi a continuare, e nonostante ci si stato io (abbiamo quasi sempre praticato insieme in questi mesi..si sa i gigantoni gajin non li vuole nessuno) ieri dopo l'esame mi diceva che non sapeva bene adesso come affrontare la pratica nei corsi regolari senza qualcuno che gli desse qualche spiegazione...l'ho rassicurato che ci sarà sempre qualcuno che sarà pronto a dargli spiegazioni. Altra nota dolente è stata la presenza di diversi Sensei oltre a Kanazawa e Seki, che spesso hanno mostrato modi differenti, agli occhi di un principiante va da , di eseguire le tecniche, argomento che di cui ho scritto nel post " Ma che Ikkyo fai ?". Ma il punto è proprio questo, l'assunto di fondo di questa didattica giapponese è diverso da quella occidentale. Al di là dei diversi talenti che apprenderanno in modo più o meno rapido e più o meno bene, cosa che accade ovunque, mi sembra di poter dire che l'insegnare in Occidente è "democratico" nel senso che ha come scopo di fornire a tutti indistintamente i mezzi per capire e, almeno in teoria, si propone di far progredire ogni studente allo stesso livello minimo condiviso. Al contrario in Giappone mi sembra che si lasci tutto all'iniziativa dello studente, se ne vuoi sapere di più devi chiedere e darti da fare, perché non ti sarà dato tutto quello che ti serve, te lo dovrai guadagnare. Se poi posso dire di avere imparato qualche cosa all'academy è che...lo standard non esiste, bisogna osservare tutte le variazioni che ti vengono proposte eppoi elaborarle personalmente, quindi ho smesso di angustiarmi per sapere "come" si fa ikkyo, ma faccio tutto quello che mi viene proposto e... que sera sera.
Il secondo punto è stato invece l'intensità della pratica, e qui il Giappone non ha rivali. All'Hombu, ed all'Academy ancora di più, si pratica e...si pratica, si pratica, si pratica. Il silenzio seppure non sia assoluto regna quasi sovrano durante la lezione, i tempi morti sono ridotti al minimo, e la ripetizione in quantità industriale è il mezzo primario di comprensione. Ci sono sì spiegazioni verbali, ma comparate a quelle a cui sono abituato sono nulla. Ecco, questa intensità mi ha soddisfatto, e già temo al mio ritorno in Italia di essere bollato come rompi#### quando cercherò di replicare lo stesso con i miei compagni di pratica.

In sintesi sono contento di questa esperienza, e come potrei non esserlo, ma probabilmente con il senno di poi, come sempre succede, non so se rifarei questa scelta di venire all'Academy per principianti. Forse, ma questa è una mia personalissima opinione, se dovessi trovarmi nella scomoda posizione di consigliare qualcuno in merito azzarderei che dei tre corsi dell'Aikido Gakko quello su cui puntare è quello advanced, sia perché si rivolge a chi di Aikido ne ha già masticato un ma soprattutto per la stima immensa che ho per i due insegnanti che lo tengono, il M° Kobayashi ed il M° Osawa: didatticamente tra i migliori.

Ed ora:

Yokota Sensei !

Adesso che sono libero dagli impegni dell'Academy l'ultimo periodo lo voglio dedicare a fare tutte quelle classi che per una ragione o l'altra non sono riuscito a fare sinora. E stamane ho incominciato da Yokota Sensei. Il M° ha fama di tenere una classe molto tecnica ed ostica per i principianti oltre che di un certo spessore atletico. Ma stamane mi sono divertito: difficile è difficile, la sua velocità di esecuzione è notevolissima, ed i contenuti tecnici che propone sono di rilievo, ma il fatto che faccia spesso cambiare partner dà sempre la possibilità di trovare qualcuno che ne sa di più di te e possa darti una mano, tra l'altro sembra che alla sua classe vengano tutti, ma proprio tutti, i giovani uchideshi e giovani Maestri.

Abituato oramai da 5 mesi a lezioni beginner e regular dove vengono proposte poche, pochissime tecniche, e sempre quelle, frequentare la lezione di Yokota sensei è una piacevole sorpresa: in effetti mentre cercavo di combinare qualcosa con i miei partner ho pensato che per la prima volta mi è sembrato di assistere ad una lezione e/o stage in Italia, dove la varietà tecnica è sempre abbondante. La cosa più interessante, per me, della lezione è stata un'indicazione di Yokota Sensei sul ma-ai corretto da tenere in suwari-waza, ed in particolare per fare shomen-uchi ikkyo. All'inizio non capivo perchè invitasse l'uchideshi suo uke a sferrargli un calcio frontale dalla posizione di suwari-waza, poi dopo che ha segnato una immaginaria linea sul tatami e ci si è messo dietro rispetto all'uke ( unito al fatto di aver colto nel discorso la parola ma-ai) la cosa mi si è chiarita, anche grazie alla conferma del mio partner giapponese. Di più: lo sferrare il calcio frontale lo ha poi fatto Yokota stesso, invitandonci ad entrare con il primo passo sull'attacco con gamba e braccio insieme oltre che sottolineare molte volte, toccandosi la pancia, che il sollevarsi dalla posizione di attesa di tori non è verso l'alto, ma verso l'alto "in avanti". Questa parte della lezione è venuta dopo che il resto del tempo il M° Yokota ci ha fatto lavorare sull'entrare sull'attacco di shomen-uchi in diversi modi per eseguire kokyu-nage, e soprattutto ci ha invitato ad usare un movimento di entrata che, per la mia poca esperienza di Katori, si chiama ukenagashi, entrando quindi dentro l'attacco con un movimento che ricorda la ricezione di un colpo mantenendo il ken all'esterno del corpo puntato verso il basso per poi entrare e tagliare sul collo di uke. Ecco un kokyunage così non l'avevo mai visto, ed anche Nicola
dopo la lezione me lo ha confermato.


C'è stato anche un momento di vera comicità quando Yokota dopo aver portato a terra Suzuki Sensei con un kokyu-nage appunto, colto da improvviso raptus si è lasciato cadere a terra con il braccio del suo uke saldamente nelle sue mani e...
con un buffo sospiro ha chiuso con la classica leva del ju-jitsu che si vede spesso nei combattimenti di MMA, che data la mia ignoranza conosco solo con il nome inglese correntemente usato, armbar ( o armlock), e non quello originale giapponese. Vabbè, al di là del nome è stato un gesto così inaspettato e buffamente eseguito che ha prodotto una risata collettiva della classe.

martedì 7 agosto 2007

Facce da Hombu I : Gianfranco Scimone


Dogma: I sensei dell’Hombu non si intervistano, a meno di non essere Stanley Pranin o giù di lì. C è una questione gerarchica da rispettare, di quella gerarchia però che noi occidentali neanche ci immaginiamo chè non è una forma od insieme di regole/procedure ma piuttosto, qui in Giappone, un sentimento. Detto questo, io non ero molto interessato a intervistarli, dopo qualche mese passato all’Hombu quelli che più mi interessavano come figure erano i praticanti di lungo corso, quegli occidentali che per scelta di vita o d’Aikido si sono fermati in Giappone per lungo tempo; ero interessato alle storie di Hombu, e qui ne circolano, vere o no che siano, tantissime, ed anche ai come ed ai perché di questi aikidoka. Nella mia fantasia queste interviste le avevo chiamate Facce da Hombu. In questi mesi l’idea è rimasta tale, relegata nel limbo delle Buone Idee Ma…luogo che in qualche modo tutti abbiamo da qualche parte, e non ne ho fatto niente.


Poi un giorno parlandone con Gianfranco, che è un po' il decano degli italiani all'Hombu, pronti via abbiamo deciso di farla, un po’ per gioco un po’ per vedere come veniva. Via di seguito ho individuato alcune persone con le quali mi sarebbe piaciuto parlare, e ne abbiamo pianificate alcune. Se saranno interessanti o no il giudizio spetta a voi, a me basta premettere che non vado cercando “enormi rivelazioni all’ultimo secondo” sull’Aikido ma piuttosto piccoli dettagli, storie minime e ricordi ed impressioni di chi ha fatto dell’Hombu Dojo e dell’Aikido la propria casa. Ci incontriamo con Gianfranco su di una terrazza di un ristorante dall’italianissimo nome di “Napulè” a Roppongi, dove appunto, nonostante un’improbabile, sulla carta, gestione nippo-brasiliana, il pranzo è stato degnissimo e piacevole. E dopo avere scolato dell’ottimo vino abbiamo cominciato…insieme a me c’era il M° Cardia di Milano, da qui in poi Emilio, e Rossana e sua sorella che però al solo profilarsi di un’altra chiacchierata d’ Aikido se la sono filata alla chetichella a fare siòpping.



Allora G. come sei arrivato in Giappone la prima volta?

G:…in aereo credo ( risata)

Vabbè…

G: No scusa, sono arrivato nel 1978, un amico mi aveva detto che c’era la possibilità di lavorare qui e sono venuto, un’avventura insomma venendo dalla Sicilia, allora il Giappone era molto diverso da oggi.

Quindi l’Aikido non c’entrava niente con la tua scelta ?

G: No. Di fatto, ho cominciato 2 anni dopo ad Osaka dove ero andato per fuggire dal caos di Tokyo in cerca di un altro Giappone.

E come hai cominciato, ma soprattutto dove …

G: ad un certo punto mi è venuta voglia di cominciare a fare una di queste arti marziali giapponesi, ma allora non era come oggi, non c’erano grandi possibilità di avere informazioni per cui sono andato in alcuni dojo di Karate, Judo a vedere un po’ com’era sino a che non sono capitato in uno di Aikido, che a differenza delle altre era un AM che non conoscevo assolutamente. Sono rimasto affascinato da quello che ho visto ed ho deciso di cominciare.

Chi era il dojo-cho ?

G: me lo vuoi proprio far dire, eh ?

Si

G: Steven Segal

Tombola. Devo dirti che a me personalmente della figura di SS non interessa nulla e non ha contribuito per niente alla mia scelta di fare Aikido, ma un po’ curioso lo sono, dai racconta…

G: Bè, adesso con il senno di poi posso dirti che era un Aikido molto duro. Sono rimasto al Dojo di SS per due anni ma devo dirti che quando poi sono ritornato in Italia non ho continuato nella pratica, credo soprattutto perché pur essendomi rimasto intatto l’interesse per l’Aikido non mi sono portato niente dentro di quell'esperienza, capisci ?

E SS ? te lo devo proprio tirare fuori con la tenaglia il gossip

G:Ma…io l’ho conosciuto bene, era una persona tranquilla e educata, sul tatami si dimostrava già un originale, spesso non metteva neanche il gi e l’hakama, lasciava che gli altri deshi tenessero la lezione e se stava in disparte in jeans e maglietta. Interveniva ogni tanto per fare delle correzioni. Ma si assentava spesso, andava in California dove stava cercando di entrare nel mondo del cinema dalla porta di servizio mandando suoi allievi a tenere corsi per i body-guard delle personalità di Hollywood. Vedi, nonostante gestisse il dojo con la moglie non è che di soldi ne avesse moltissimi, spesso ero io a doverlo portare fuori a mangiare, poi credo che sua moglie gli abbia detto che lavoravo nella moda ed allora ha cominciato ad aprirsi di più. Aveva le idee chiare, voleva andare a Hollywood e fare un film sul “Bushido” e come vedi in parte c’è riuscito. Di storie inventate raccontava moltissime credo , ci teneva a creare un alone di mistero attorno a sé ( in un libro io ho letto che diceva di essere stato un agente Cia ! Ndr)…sai conosco bene la moglie e me ne ha raccontate tante.

Però mannaggia mannaggia…

Mannaggia cosa ?

G: se gli fossi stato vicino…a quest’ora sarei sistemato a Hollywood ( risata )

E dopo Osaka ?

G: Ho lasciato il Giappone e ci sono ritornato nel 1995. L’Aikido l’avevo dimenticato, ma poi ho cominciato a praticare all’Hombu Dojo e le cose sono cambiate. Vedi, entrando all’Hombu ho respirato un’aria completamente diversa, c’era una bell'energia..

Te la ricordi la prima lezione ?

G:Come no ! sono andato alla lezione di Miyamoto Sensei per principianti al 2° piano e siccome avevo lasciato il mio di gi di Aikido in Italia me ne sono fatto prestare uno di Karate. Appena il Sensei mi vede viene da me, ed allora era più duro di adesso, e mi dice secco “ Nani kore ?” ( e questo cos’è ?) insomma un bell’inizio.

E come era Miyamoto allora ?

G: Con i principianti come oggi, gentile e disponibile ma su al 3° piano erano schiaffi che volavano, anche oggi ogni tanto, ma non come allora. Però a ripensarci la sua parola d’ordine è sempre stata “Relax, relax” . Ho praticato per 4 anni poi mi son fermato per un po’ perché c’era qualcosa che non mi entrava dentro dell’Aikido. Dopo poco ho avuto un brutto incidente di moto e sono rimasto fermo un anno, non pensavo che sarei ritornato, poi un giorno mi sono detto proviamoci. Sono andato alla lezione del M° Kuribayashi al 2°, e lui dopo avere salutato la classe mi guardato e mi ha detto "okaerinasai" vedi, questa è l’espressione che si usa nelle case giapponesi per salutare il rientro di qualcuno della famiglia, mi sono emozionato e da allora non ho più smesso di praticare.

Mi racconti del tuo Shodan ?

G: Io ho continuato a portare la cintura bianca per parecchi anni, praticavo per il piacere della pratica e di esami non ne facevo, poi un giorno il M° Osawa mi si è avvicinato e mi ha detto toccandomi la cintura :” non sarebbe ora di cambiare il colore della cintura ?” lì per lì son rimasto sorpreso ed ho risposto “ Betsu betsu” che è un’espressione di incertezza. Per cui non se ne è fatto niente, poi un anno dopo il M° Sasaki mi ha detto che era ora di fare l’esame, io ho detto di no ma un sempai mi ha detto che se il M° dice che è il momento non puoi rifiutare e così l’ho fatto. Pensare che il primo incontro con il M° Osawa è stato disastroso.

Perché ?

G:Mentre facevamo kokyu-ho il mio partner, un vero #####, vedendo che Osawa si avvicinava si è raccomandato di stringergli fortissimo i polsi, io l’ho fatto ed il M° s’è incazzato di brutto. Ho scoperto poi che questa era proprio una cosa che non sopportava, sono dovuto andare giù a scusarmi dopo. Comunque il M° Osawa era già quella personalità che è adesso, aperto, maturo, un grande insegnante.

E che Dan hai adesso ?

G: III° , ma vedi, davvero a me non interessa il grado. Venire a praticare Aikido è…una forma di misogi, quando entro sul tatami mi lascio dietro tutto ciò che di negativo la vita mi può portare, è un momento di grande intensità.

Quali sono i maestri che più ti sono piaciuti in questi anni d’Hombu ?

G:In questo momento sto seguendo il M° Yasuno, prima non riuscivo a capirlo ma da tre anni a questa parte le cose iniziano a tornarmi e la sua impostazione mi piace molto, oltre a questi nonostante le apparenze apprezzo la sincerità dell’uomo, il suo essere molto diretto. Per il passato direi Arikawa Sensei e Sasaki Sensei.

Arikawa, davvero ? sembra fosse veramente molto duro e brutale…

G: Poteva esserlo in effetti, poteva essere spaventevole sul tatami. Ma non con me. La prima volta che sono andato alla sua classe, ero ancora cintura bianca, il mio partner, un suo allievo, ha letteralmente cominciato a picchiarmi, me la stavo vedendo veramente brutta quando ho visto Arikawa sensei attraversare il tatami in diagonale, cosa inusuale, e venire da noi. Ha preso il mio partner è gliene ha date tantissime poi mi ha chiamato a praticare ed è stato gentile e morbidissimo. Mi sono sentito protetto. Del M° Sasaki posso cominicare a parlare adesso e non smettere più. Oltre ad essere un Sensei dell’Hombu è un personaggio straordinario, sul tatami un istrione ma anche e soprattutto un pensatore. La prima volta che l’ho incontrato da cintura bianca stavo andando a cambiarmi dopo la lezione dei beginner e passando davanti all’entrata dei sensei del 3° ho guardato dentro e lui vedendomi mi ha fatto segno di entrare e mi ha fatto praticare, sino ad allora non avevo mai osato andare al 3° piano. Sai come Sasaki finiva le sue lezioni ? No Quando tutti erano in seiza per il saluto finale diceva “Akaraku nakereba aiki janai” (senza luce non ci può essere aiki) e...tutti gli allievi dovevano farsi una bella risata ( lo fa ancora, dopo l’intervista siamo andati a trovarlo nel suo dojo privato dove insegna ancora e la risata finale la fa ancora fare!). Un giorno mi ha chiesto di fare da interprete per uno yudansha americano e mi chiese di dirgli che “Aikido is sex” di fronte all’evidente imbarazzo di quest’ultimo si è messo a ridere dicendo che l’Aikido è "Awaseru" (unione) esattamente come il sesso ! senza quest’unione non c’è Aikido, ma qualcos’altro ( sempre durante la nostra visita Sasaki ha indicato gli attributi dicendo la parte maschile è una buona cosa, ma senza quella femminile insieme non si può ci può essere Aikido, non ci può essere incontro ma solo scontro N.d.R.)

E gli altri sensei ? Endo per esempio ?

G: Endo sensei è bravissimo, straordinario ed originale ( io posso dire che il fatto che sia una sorta di star è un giudizio unanime all’hombu N.d.R.). Ha un grande ego, e forse è questo che mi allontana un po’ dal suo insegnamento. Mi piace moltissimo Seki sensei invece, un grande insegnante, un uomo di grande semplicità e dalla forza spaventosa.

(Emilio) Ma in questi anni cosa è cambiato all’Hombu con la presenza di tanti occidentali ?

G: Si è perso un po’ disciplina nei comportamenti, ma forse è inevitabile data la distanza che c’è tra i giapponesi e gli occidentali in termini di attitudine. A me piaceva venire all’Hombu anche per ritrovare determinati atteggiamenti e comportamenti che mi ricordano il Giappone che ho conosciuto e che stanno progressivamente sparendo. Piuttosto in tema di occidentali che vengono all’Hombu c’è una cosa che mi dispiace molto.


(Emilio) Cosa ?

G: La mancanza di Italiani, e non intendo visitatori, di quelli ce ne sono sempre tanti, ma di gente che venga e si fermi a studiare Aikido per qualche anno. Ci sono comunità da tutto il mondo qui all’Hombu, americani, francesi e spagnoli, argentini e brasiliani, ma di italiani quasi nessuno. Ed è un peccato perché la chance che si ha di vedere così tanti Sensei in azione in un unico luogo è di un valore inestimabile, soprattutto per avere dopo la possibilità di riportare a casa tutto quello che si è imparato.

Non sono d’accordo, sono d’accordissimo. Senti e del Doshu che mi dici ?


Che ha davanti a sé un compito molto difficile nei prossimi anni nel cercare di guidare un mondo in grandissimo movimento ed espansione come quello dell’Aikido.

Ultima domanda marzulliana...tecnica preferita ? quella che proprio ti fa godere quando la chiamano...

G: Shihonage

Ma dimmi la verità, ma perchè continui a fare Aikido ?

Ma che domande! per diventare come Steven Segal, no ? ( risata)